Continuiamo col tema delle Liberarizzazioni.Finora abbiamo affrontato la liberarizzazione del mercato del gas (http://lucamarinonilemieidee.blogspot.it/2012/09/liberalizzazioni-parte-prima.html),la liberarizzazione dei carburanti (http://lucamarinonilemieidee.blogspot.it/2012/09/liberarizzazioni-parte-swconda.html),la liberarizzazione delle professioni (http://lucamarinonilemieidee.blogspot.it/2012/09/liberarizzazioni-parte-terza.html) e la liberarizzazione del trasporto ferroviario (http://lucamarinonilemieidee.blogspot.it/2012/09/liberarizzazioni-parte-quarta.html), e la liberarizzazione dei servizi pubblici locali (http://lucamarinonilemieidee.blogspot.it/2012/09/liberarizzazioni-parte-quinta.html). Infine nel precedente articolo ho affrontato la liberarizzazione dei servizi postali (http://lucamarinonilemieidee.blogspot.it/2012/09/liberarizzazioni-parte-sesta.html).
In questo articolo affrontero' la liberarizzazione del commercio e degli orari di apertura e chiusura degli esercizi commerciali.
Commercio: liberalizzazione del commercio e degli orari di apertura e chiusura
Per quanto riguarda la liberarizzazione del commercio occorrerebbe rimuovere i vincoli che ancora oggi impediscono l’innovazione
dell’impresa commerciale, e più in particolare la libertà di abbinare la
vendita di beni alla fornitura di servizi ai consumatori.
Si propone quindi di estendere a tutte le attivita' commerciali di fornire liberamente ai consumatori anche servizi integrati con la propria attivita' economica commerciale.
Ora trattiamo la liberarizzazione degli orari di apertura e chiusura degli esercizi commerciali.
PREMESSE
A partire dal 1998, il commercio al dettaglio è stato oggetto di una graduale riforma, a corrente alternata, verso una maggiore libertà di scelta dell’esercente circa gli orari di apertura e chiusura dei negozi.
In particolare, il decreto legislativo n. 114/1998 ha consentito una maggiore flessibilità nella scelta, da parte dell’esercente, degli orari di apertura e di chiusura al pubblico, imponendo al tempo stesso una serie di limiti, per cui l’arco temporale di apertura e chiusura deve comunque rispettare la fascia oraria dalle ore sette alle ore ventidue, non può estendersi per più di tredici ore giornaliere e deve comunque essere fissato nel rispetto della chiusura domenicale e festiva dell’esercizio e, nei casi stabiliti dai comuni, della mezza giornata di chiusura infrasettimanale. Di diritto i negozi possono restati aperti i giorni festivi di dicembre e otto domeniche o festività nel corso degli altri mesi dell’anno, mentre ogni altra deroga alla chiusura deve essere concordata tra le organizzazioni di categoria e il comune. Solo i comuni ad economia prevalentemente turistica, le città d’arte o le zone del territorio dei medesimi potevano godere di una maggiore libertà determinazione degli orari di apertura e di chiusura, ma sulla base di scelte lasciate alla discrezionalità degli enti territoriali di riferimento.
Tale flessibilizzazione, con la quale il legislatore statale ha affidato un ruolo di primo piano alle regioni e agli enti locali nella modulazione degli orari, se rispettosa della competenza regionale in materia di commercio, si è tuttavia dimostrata poco coraggiosa.
Rispetto, dunque, a una certa rigidità dimostrata dalle regioni e dai comuni, il legislatore statale ha recentemente liberalizzato gli orari commerciali come misura per lo sviluppo economica, intervenendo tuttavia in via sperimentale e solo per le località inserite negli elenchi regionali dei luoghi a vocazione turistica e le città d’arte (art. 35, comma 6, decreto legge n. 98 del 6 luglio 2011, recante Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria e convertito con modificazioni dalla legge n. 11 del 15 luglio 2011).
PROPOSTE OPERATIVE DI RIFORMA
La riforma che si propone estende la liberalizzazione avviata in via sperimentale per le località a vocazione turistica e le città d’arte a tutti gli esercizi commerciali, ovunque ubicati.
Le ragioni sono molteplici.
Il costo delle rigidità italiane nella distribuzione commerciale è pari a 930 euro all’anno per famiglia. Complessivamente, il permanere di una struttura antiquata pesa per 23 miliardi di euro, pari al 2,5 per cento dei consumi totali delle famiglie (fonte: Cermes-Bocconi). Inoltre, un recente sondaggio di IPSOS su un campione di 1000 persone (margine di errore compreso fra +/- 0,6% e +/- 3,1) rivela che 8 italiani su 10 sono favorevoli alla liberalizzazione del commercio.
Occorre dunque che lo Stato recuperi, in virtù della sua competenza esclusiva in materia di concorrenza, l’occasione di liberalizzare il commercio come segnale, ancorché piccolo, di scossa all’economia e allo sviluppo e come risposta alle esigenze di vita dei consumatori, specie nelle grandi città, dove i ritmi quotidiani più serrati rendono difficile anche solo comprare i generi alimentari.
L’intervento normativo necessario per attuare la presente proposta è assai semplice e richiede soltanto due passaggi, l’abrogazione dell’attuale deroga ai limiti agli orari di apertura e chiusura e agli obblighi di chiusura festiva solo per gli esercizi commerciali ubicati nelle località turistiche e nelle città d’arte; e, contemporaneamente, l’estensione del medesimo regime a tutti i comuni italiani.
Link utili:
Saldi: storia di un'assurdita' italiana (IBL)
http://brunoleonimedia.servingfreedom.net/BP/IBL_BP_108-Saldi_Commercio.pdf;
Liberarizzazioni: L'esempio del commercio
http://denaro.it/blog/2011/12/21/liberalizzazioni-l%E2%80%99esempio-del-commercio/;
Liberarizzazione del commercio: 8 italiani su 10 favorevoli
http://www.chicago-blog.it/2011/07/13/liberalizzazione-del-commercio-8-italiani-su-10-favorevoli/;
Basta saldi, largo alla liberarizzazione del commercio
http://www.manageronline.it/articoli/vedi/5429/basta-saldi-largo-alla-liberalizzazione-del-commercio/
Si propone quindi di estendere a tutte le attivita' commerciali di fornire liberamente ai consumatori anche servizi integrati con la propria attivita' economica commerciale.
Ora trattiamo la liberarizzazione degli orari di apertura e chiusura degli esercizi commerciali.
PREMESSE
A partire dal 1998, il commercio al dettaglio è stato oggetto di una graduale riforma, a corrente alternata, verso una maggiore libertà di scelta dell’esercente circa gli orari di apertura e chiusura dei negozi.
In particolare, il decreto legislativo n. 114/1998 ha consentito una maggiore flessibilità nella scelta, da parte dell’esercente, degli orari di apertura e di chiusura al pubblico, imponendo al tempo stesso una serie di limiti, per cui l’arco temporale di apertura e chiusura deve comunque rispettare la fascia oraria dalle ore sette alle ore ventidue, non può estendersi per più di tredici ore giornaliere e deve comunque essere fissato nel rispetto della chiusura domenicale e festiva dell’esercizio e, nei casi stabiliti dai comuni, della mezza giornata di chiusura infrasettimanale. Di diritto i negozi possono restati aperti i giorni festivi di dicembre e otto domeniche o festività nel corso degli altri mesi dell’anno, mentre ogni altra deroga alla chiusura deve essere concordata tra le organizzazioni di categoria e il comune. Solo i comuni ad economia prevalentemente turistica, le città d’arte o le zone del territorio dei medesimi potevano godere di una maggiore libertà determinazione degli orari di apertura e di chiusura, ma sulla base di scelte lasciate alla discrezionalità degli enti territoriali di riferimento.
Tale flessibilizzazione, con la quale il legislatore statale ha affidato un ruolo di primo piano alle regioni e agli enti locali nella modulazione degli orari, se rispettosa della competenza regionale in materia di commercio, si è tuttavia dimostrata poco coraggiosa.
Rispetto, dunque, a una certa rigidità dimostrata dalle regioni e dai comuni, il legislatore statale ha recentemente liberalizzato gli orari commerciali come misura per lo sviluppo economica, intervenendo tuttavia in via sperimentale e solo per le località inserite negli elenchi regionali dei luoghi a vocazione turistica e le città d’arte (art. 35, comma 6, decreto legge n. 98 del 6 luglio 2011, recante Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria e convertito con modificazioni dalla legge n. 11 del 15 luglio 2011).
PROPOSTE OPERATIVE DI RIFORMA
La riforma che si propone estende la liberalizzazione avviata in via sperimentale per le località a vocazione turistica e le città d’arte a tutti gli esercizi commerciali, ovunque ubicati.
Le ragioni sono molteplici.
Il costo delle rigidità italiane nella distribuzione commerciale è pari a 930 euro all’anno per famiglia. Complessivamente, il permanere di una struttura antiquata pesa per 23 miliardi di euro, pari al 2,5 per cento dei consumi totali delle famiglie (fonte: Cermes-Bocconi). Inoltre, un recente sondaggio di IPSOS su un campione di 1000 persone (margine di errore compreso fra +/- 0,6% e +/- 3,1) rivela che 8 italiani su 10 sono favorevoli alla liberalizzazione del commercio.
Occorre dunque che lo Stato recuperi, in virtù della sua competenza esclusiva in materia di concorrenza, l’occasione di liberalizzare il commercio come segnale, ancorché piccolo, di scossa all’economia e allo sviluppo e come risposta alle esigenze di vita dei consumatori, specie nelle grandi città, dove i ritmi quotidiani più serrati rendono difficile anche solo comprare i generi alimentari.
L’intervento normativo necessario per attuare la presente proposta è assai semplice e richiede soltanto due passaggi, l’abrogazione dell’attuale deroga ai limiti agli orari di apertura e chiusura e agli obblighi di chiusura festiva solo per gli esercizi commerciali ubicati nelle località turistiche e nelle città d’arte; e, contemporaneamente, l’estensione del medesimo regime a tutti i comuni italiani.
Link utili:
Saldi: storia di un'assurdita' italiana (IBL)
http://brunoleonimedia.servingfreedom.net/BP/IBL_BP_108-Saldi_Commercio.pdf;
Liberarizzazioni: L'esempio del commercio
http://denaro.it/blog/2011/12/21/liberalizzazioni-l%E2%80%99esempio-del-commercio/;
Liberarizzazione del commercio: 8 italiani su 10 favorevoli
http://www.chicago-blog.it/2011/07/13/liberalizzazione-del-commercio-8-italiani-su-10-favorevoli/;
Basta saldi, largo alla liberarizzazione del commercio
http://www.manageronline.it/articoli/vedi/5429/basta-saldi-largo-alla-liberalizzazione-del-commercio/
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