Guidelines per una riforma globale dell’Istruzione.
§ 1. Premesse generali.
Numero, capacità intellettive
ed organizzazione, comuni modi di sentire e volontà operativa dei
membri di una collettività ne costituiscono l’autentico patrimonio, che
fa ampiamente aggio sulle risorse naturali, come Italia e Giappone hanno
recentemente dimostrato.
La giustizia è il collante della collettività: «unicuique suum reddere».
Da essa discende il concetto di bene comune, che tutela tutti
armonizzando il bene dei singoli, e che si esprime in leggi eticamente
corrette, eque e chiare con le quali amministrare i giudizi in modo
retto e rapido.
Nessuna collettività è di per
sé autosufficiente, per cui deve interagire culturalmente ed
economicamente con le altre, adeguandosi alle realtà emergenti, per non
esserne inglobata o addirittura scomparire. Adeguamento che implica
cambiamenti culturali, della struttura economica e rimpiazzo delle
persone non più all’altezza dei tempi, da cui consegue l’impossibilità
di mantenere i così detti “posti a vita“.
§. 2. Contesto socio culturale ed economico generale.
Stiamo assistendo ad una
rapida svolta epocale che in Occidente, dopo l’implosione della
ideologia comunista e quindi il crollo di quella socialista del welfare,
si avvia al crollo della concezione illuminista dello stato e della
società.
Una mal condizionata visione
illuminista a partire dalla metà del ’700 ha fatto transitare la logica
dal dominio della filosofia a quello delle scienze esatte, lasciando il
campo aperto a concezioni incoerenti, destinate così ad implodere sotto
il peso delle proprie contraddizioni.
Al ripudio dell’etica ed
all’ammissione che esistano etiche plurime e contrastanti consegue una
ambigua definizione del concetto di “diritto“. L’etica definisce dei doveri non contraddittori, ed il concetto di diritto è definito dalla osservanza generale dei doveri. Scardinati dai doveri, i diritti impazziscono. Qualsiasi pulsione o interesse specifico è considerata “diritto inalienabile“, cui deve mandatoriamente conseguire una legge positiva dello stato che lo istituisce e difenda.
Decontestualizzato dall’etica, il concetto illuminista di libertà si confonde con la possibilità dell’agire
non sottoposta ad alcun vincolo e limite. Diventa il poter fare ciò che
si vuole, ciò cui spingono le pulsioni, la cui naturale insorgenza é
assunta ad elemento legalizzante del diritto che ne consegue.
L’emotività offusca la mente.
La struttura contraddittoria di tale società dei diritti sta adesso crollando sotto i nostri occhi.
Deprivato il diritto dei
canoni metagiuridici vincolanti, il legislatore può produrre
disposizioni conflittuali, che privilegiano l’interesse particolare a
discapito del bene comune, per garantirsi la maggioranza dei voti. Il
suffragio universale diventa così denominazione caricaturale della
democrazia e causa prima del deficit di bilancio, cui consegue un
continuo innalzamento del debito sovrano, che poi altro non è che una
tassazione differita.
In questo contesto la libertà
degenera in licenza, ed alla fine legalizza la predominanza del più
forte, come hanno teorizzato Hegel, Marx, Hitler. Che abbia diritto di
dominare una nazione, una classe oppure una razza è del tutto
irrilevante. La giustizia non trova albergo in queste situazioni perché
nega agli altri persino la dignità di essere persone umane: se va bene
schiavi, altrimenti sottouomini.
E’ sequenziale una severa
crisi dell’istituto familiare, in cui spicca la latitanza dei genitori
nel processo educativo dei figli, che vengono tutelati oltre misura,
rendendoli alla fine inetti ad assumersi i loro doveri, posizione in
stridente contrasto con le realtà orientali, ove famiglia e scuola
svolgono un preciso e severo ruolo di educazione al conseguire risultati
di eccellenza negli studi in un contesto di disciplina che rasenta
quella militare[1].
Ne consegue che i nostri
giovani vivono in un clima culturale di diritti scollegati dai relativi
doveri ed esercitati tramite la licenza, come testimonia l’indisciplina
scolastica che, fa vivere i nostri giovani in una realtà virtuale, in un
mondo di illusioni destinate un giorno a crollare sotto il peso degli
eventi.
Una cosa appare certa: nel volgere di un lustro l’Occidente sarà profondamente cambiato, e con esso dovrà mutare anche il sistema scolastico.
§ 3. Fini e scopi dell’istruzione della gioventù.
La congerie degli attuali
pressanti problemi economici ed organizzativi può far perdere di vista
gli obiettivi strategici dell’istruzione. A rispondere, in poche
parole, alla domanda «a cosa serve?».
- L’istruzione serve a
mettere in grado gli individui di inserirsi attivamente nella società,
avendo assimilato il contesto culturale di provenienza e svolgendo un
lavoro proficuo, allo stato dell’arte, così che il loro operare
sia in grado di competere nel contesto sia locale sia globale in cui
opereranno.
- Questa finalità soddisfa
molte esigenze: mantenere dignitosamente sé stessi e la propria
famiglia, assicurare personale idoneo al proseguimento della formazione,
immettere nel mercato del lavoro persone preparate, alimentare il
processo di ricerca e sviluppo che trasferisce nuove conoscenze alla
produzione, innovandola e mantenendola competitiva. In particolare,
assicurando un continuo innalzamento del livello qualitativo.
Svolgere un lavoro proficuo presuppone l’aver acquisito la mentalità di cives,
una professionalità, ed aver interiorizzare l’etica del lavoro, per cui
l’operato di ciascuno, a qualsiasi livello si esplichi, sia più
perfetto il possibile, cosa che presuppone un’ordinata disciplina di
vita. Non esiste miglioramento qualitativo in assenza di perfezione nel
lavoro.
L’istruzione é quindi
un aspetto del bene comune e si configura come dovere e debito
dell’individuo nei confronti della famiglia e della società, che
investono su di lui in termini di tempo e danaro. Dovere e
debito che conferiranno d’altra parte all’individuo la possibilità di
assumere la dignità di persona umana che gli compete.
Il così detto “diritto allo studio” non implica che tutti indiscriminatamente accedano e portino a termine un cursus discendi, che non é detto debba terminare con la laurea. Consiste
invece nel dovere che la collettività si assume di far accedere agli, e
proseguire negli studi quanti ne abbiano attitudine e capacità anche se
provenissero da una famiglia non in grado di sostenerne il costo.
Quindi, per chiarezza, tutti hanno il diritto di essere
considerati e valutati obiettivamente, ma la collettività ha il dovere
di sostenere solo quelli meritevoli.
Occorre anche prendere atto
che solo una parte dei giovani é portata a conseguire una laurea, mentre
altri hanno una maggiore attitudine e desiderio a svolgere lavori
professionali, che godono della stessa dignità di ogni altro tipo di
iter. Le scuole professionali non solo rispondono a precise esigenze
della collettività, ma anche a quelle delle singole persone perché
consentono una più rapida immissione nel mondo produttivo. Esse sono al
momento fortemente penalizzate e trascurate, con disaffezione dei
giovani verso arti e mestieri di rilevante importanza sociale ed
economica, e, ripetiamo, tutte parimenti degne.
§. 4. Giustizia, situazioni sfortunate ed eccellenza.
Una collettività che non si
fondi sull’equità della giustizia presenterebbe contraddizioni che ne
determinerebbero l’implosione. Questo vale nei confronti di tutte le
persone che la compongono, senza distinzione alcuna.
Nel caso specifico dell’istruzione si attua un elementare principio di giustizia:
- aiutando sia le
persone economicamente deboli, sia quelle che per un qualsiasi motivo
indipendente dalla loro volontà presentano una qualsiasi forma di
handicap, psichico o fisico. Si adempie un obbligo di giustizia
quindi finanziando in modo proprio gli studi dei primi, cercando di
dare ai secondi quanto possibile per favorirne un inserimento, anche se
parziale e protetto, nel mondo del lavoro. Occorre in poche parole
rispettare la dignità umana.
- garantendo ai soggetti
normali un ambiente di studio ordinato, disciplinato e sereno con i
migliori insegnanti possibili, sia per scienza sia per coscienza
professionale e dedizione al lavoro.
- ma ciò non é sufficiente per adempiere completamente alla giustizia. Esiste
una quota, spesso non irrilevante, di persone dotate più della norma,
maggiormente desiderose di imparare e migliorarsi, che dispiegano una
maggiore volontà di applicarsi e di emergere. Anche nei riguardi di
costoro deve essere esercitata la giustizia.
Se ben valutiamo la storia,
ci si rende presto conto che uomini come Pitagora, Archimede, Newton,
Gauss, Jenner o Fleming, solo per citarne alcuni, hanno dato all’umanità
un impulso tale da cambiarne il volto. Ben poche massaie sanno che il
frigorifero, così come lo usiamo adesso, deriva da un’idea di Albert
Einstein.
Un esempio da manuale. Andrea
Viterbi nacque a Bergamo ma dovette emigrare negli USA. A lui si deve
la dimostrazione dell’omonimo teorema, la cui applicazione é alla base
delle telecomunicazioni, specialmente quelle dei telefoni mobili.
Raggiunse in breve il 360° posto nella graduatoria delle persone più
ricche del mondo ma, soprattutto, la sua scoperta ha generato un indotto
stimabile a circa 9,800 mld Usd all’anno.
In breve, nella collettività
la giustizia non può essere appannaggio di alcune persone o categorie,
ma di tutti, nel rispetto della persona umana.
E’ tuttavia evidente che
un’attenzione del tutto particolare dovrebbe essere riservata ad
individuare, far crescere e remunerare in modo adeguato l’eccellenza in
qualsiasi settore essa si manifesti. Si ricordi anche che non esiste
solo l’eccellenza scientifica, ma anche quella artistica, letteraria,
umanistica, e nei lavori artigianali.
Se il problema é
correttamente focalizzato, rimane semplicemente sequenziale la struttura
organizzativa che dovrebbe avere la scuola inferiore.
Sulla scorta di quanto detto, adesso possiamo entrare direttamente nel merito della questione.
§ 5. Demografia.
L’Italia aveva 56,923,524 abitanti nel 2000 e 60,387,219 nel 2010[2],
incremento da addebitarsi all’immigrazione: infatti, nel 2008 a fronte
di 585,163 decessi si riscontrarono 576,659 nascite, 591,663 e 568,857
nel 2009[3].
Il saldo degli autoctoni è quindi negativo: mentre Francia, Irlanda,
Islanda e Turchia presentavano nel 2010 un tasso di fertilità per
femmina eguale o maggiore a due, l’Italia nello stesso anno si attestava
a 1.41[4].
Il numero della popolazione totale non crolla come la denatalità
suggerirebbe perché la speranza di vita alla nascita nel 2007
era di 78.6 per i maschi ed 84.0 per le femmine, mentre le classi 0-14,
15-64 ed over 65 erano 8,337,511 (14.1%), 39,263,175 (66.4%) e
11,530,601 (19.5%), rispettivamente[5].
Quindi, l’attuale
classe scolare, 0-21 anni, stimabile a 12,506,267 unità, é destinata a
ridursi a meno di 7 milioni nel 2030 e si contrapporrà ad un elevato
numero di anziani. La denatalità ha portato nel 2009[6] il rapporto alunni/insegnanti a 10.9 contro il 16.6 della Germania[7], rapporto che, senza agire sul corpo docente, si approssimerà a 6.3 nel 2030. Ne consegue che:
- Mentre le strutture potranno essere alienate o riconvertite, il personale presenterà esuberi cospicui.
§ 6. Dati sugli Studenti, Addetti e Costi alle scuole secondarie.
Nel 2004 risultavo a ruolo 504,265 insegnanti, 293,317 nella scuola primaria e 211,018 nella secondaria[8], cui dovrebbero essere aggiunti circa 200,000 precari.
Nel 2009[9] il MEF riportava 887,173 occupati a tempo indeterminato[10], per i quali corrispondeva un costo totale del lavoro pari a 45,587,476,000 Euro,
ossia 51,385 Euro a testa, in termini medi. Si noti che lo stipendio
lordo é maggiore a quello lordo medio UE, mentre quello netto risulta
inferiore a causa di una maggiore pressione fiscale. Questi costi non
includono quelli derivanti dalla manutenzione ordinaria e straordinaria
degli edifici, né dai costi diretti ed indiretti di gestione. Nella
totalità però, gli addetti a qualsiasi titolo (stipendiati) dallo stato
ed addetti alla scuola risultavano essere al 2009 1,100,000, delle quali
900,000 a ruolo e 200,00 precari. Ne consegue che percepivano uno
stipendio 382,908 dipendenti non insegnanti, dato molto superiore alla
media Ocse.
Denatalità ed inamovibilità
dal ruolo determinavano un rapporto alunni/insegnanti di 8.1
alunni/addetto, che scendeva a 10.9 nel 2009[11], contro il 16.6 della Germania[12].
Il surplus degli insegnanti è
evidente anche tenendo conto che, essendo gli occupati 22.886 (56.9%)
mln, 2.105 mln i disoccupati e 14.958 mln gli inattivi, un occupato su
venti lavora per la scuola inferiore[13]. Questo dato si commenta da solo e conduce a concludere che:
- una riforma deve prevedere criteri oggettivi per la riduzione del personale.
§ 7. Meritocrazia e Controlli di qualità.
Ogni processo produttivo é sostenibile solo se il prodotto finale
trova una adeguata collocazione sul mercato. Nel caso dell’istruzione,
il prodotto finale é il know-how e la professionalità che consentono
l’inserimento nel mondo del lavoro e quelli intermedi le valutazioni
oggettive nei passaggi da scuole inferiori a superiori. Si noti che
questo particolare processo non può essere valutato in una mera ottica
economica, perché una istruzione inadeguata danneggia permanentemente
l’individuo.
Tutte le filiere produttive devono sottostare a controlli della
qualità del prodotto e tali controlli devono essere trasparenti,
facilmente eseguibili, quantitativi, e sempre, mandatoriamente, eseguiti
da una qualche Autorità estranea al processo produttivo stesso. Così
concepito il controllo di qualità determina il valore finale del
prodotto, in base al quale e si devono modulare gli investimenti e
remunerare il personale in ragione di quanto prodotto, premiando i più
efficienti ed eliminando i meno produttivi.
Proponiamo quindi l’utilizzo dei seguenti criteri, che determinano il primo l’efficienza a lungo termine ed il secondo a breve.
§ 7.1. Criterio a lungo termine: il guadagno degli ex-alunni.
L’elevato tasso di informatizzazione e l’identificazione univoca
delle persone tramite il codice fiscale consente facilmente di associare
alla scuola frequentata ed ai professori in essa attivi il reddito
medio conseguito dagli ex alunni, a dieci anni dal loro inserimento nel
mondo del lavoro, sotto l’ipotesi che a migliore formazione ricevuta
corrisponda un migliore inserimento nel tessuto produttivo. Potrebbe
essere equo normalizzare il reddito medio su quello della regione di
rilevamento. Possiamo quindi esprimere il primo criterio nel modo
seguente:
- I fondi destinati
agli istituti e gli stipendi degli insegnati dovranno per la maggior
quota essere funzione del guadagno medio che i loro ex-alunni sapranno
ricavare mettendo a frutto gli insegnamenti ricevuti.
- Questo criterio vale
ovviamente per tutti i livelli degli studi fatti dagli ex studenti,
dalle scuole elementari al corso di laurea. Presenta costi irrisori, é
del tutto oggettivo, può essere svolto da un programma di elaborazione
veramente banale crociando i dati già disponibili presso Ministeri ed
Agenzia delle Entrate.
§ 7.2. Criterio a breve termine: rendimento scolastico.
L’Ocse da tempo monitorizza la qualità dell’istruzione nei paesi membri (e non solo) con metodi oggettivi[14].
Nonostante che l’Italia preveda tempi di istruzione di 8,316 ore contro
le 6,732 di media Ocse ed abbia una proporzione studenti/insegnanti di
10.7 contro 16.0, la capacità di lettura degli studenti italiani si
attesta significativamente sotto la media con uno score di 486, mentre
ai primi posti sono, nell’ordine, la Cina (Shangai) 556, la Korea del
Sud 539, la Finlandia 536, Hong Kong 533 e Singapore 526. Ancor più
sconfortante è il dato relativo alla capacità di capire e manipolare
quanto letto: l’Italia si piazza al 34° posto, essendo la Korea del Sud,
Shangai ed Hong Kong le prime tre, rispettivamente. Ma ciò che connota
l’Italia è la quasi mancanza della eccellenza[15].
Alla fine di ogni anno scolastico tutti gli studenti dovrebbero
eseguire, meglio se in via elettronica, il test Ocse. Possiamo quindi
esprimere il primo criterio nel modo seguente:
- I fondi destinati
agli istituti e gli stipendi degli insegnati dovranno per una certa
quota essere funzione del risultato dei test, materia per materia.
- Non sono ammessi ai test, e quindi ottengono punteggio eguale a zero, gli studenti che hanno meno del voto otto in condotta.
- Gli studenti che riportano un voto in condotta inferiore a sei perdono il diritto di iscriversi a qualsiasi scuola dello Stato.
§ 8.1. Utilizzazione dei criteri: istituti ed insegnanti.
Sulla base dei suddetti criteri diventa possibile allestire una graduatoria meritocratica degli insegnanti e degli istituti,
sulla cui scorta assegnare gli stipendi e finanziamenti,
rispettivamente. Gli istituti e gli insegnanti con punteggi nel decile
inferiore dovrebbero essere soppressi e licenziati, rispettivamente,
fino al riequilibrio del rapporto insegnanti/studenti ottimale,
stimabile attorno a 25.
Le conseguenze si farebbero presto sentire, perché gli insegnanti:
- sarebbero ben motivati a migliorare il proprio apporto didattico
- epurerebbero dalle loro classi gli alunni incapaci di sostenere il ritmo fino ad almeno il livello di decenza
- a regime, infine, l’annuale
costante eliminazione del decile inferiore consentirebbe di aprire la
via dell’insegnamento a forze nuove e determinerebbe nel medio – lungo
termine un sostanziale ed autosostenuto incremento del livello
didattico.
§ 8.2. Utilizzazione dei criteri: gli studenti.
Diventerebbe anche possibile allestire una graduatoria del rendimento scolastico dei singoli alunni. Appare del tutto naturale che, in questo contesto, gli allievi siano raggruppati in classi omogenee per rendimento.
Nel caso di classi ad elevata
densità di handicappati dovrebbe essere previsto un apposito organico
supplementare di insegnanti di appoggio, e nel caso delle classi di
eccellenza si potranno mettere a disposizione corsi complementari,
supplementari ed integrativi.
Gli alunni con punteggi nel primo decile superiore dovrebbero ricevere una borsa di studio additiva
alle eventuali previdenze godute per il baso reddito familiare, ed
essere inquadrati in un programma che consenta loro di frequentare uno o
più anni in scuole estere, così da apprendere fluentemente una o più
lingue straniere ed imparare a conoscere nuove mentalità ed ambienti
socio culturali.
Gli alunni con punteggi nell’ultimo decile non potranno accedere alla classe superiore.
Gli alunni con
punteggi inferiori al valor mediano dovrebbero pagare le tasse
scolastiche in quota tale da consentire di esonerarne dal pagamento
quelli con punteggi superiori al valor mediano.
Come considerazione finale,
nell’ottica di una valutazione obiettiva dei risultati, risulterebbe del
tutto inutile e fuorviante l’attuale diatriba tutta nostrana tra scuola
pubblica e privata: si finanziano quelle efficienti e non si finanziano
quelle scadenti.
§ 9. Riorganizzazione della Scuola dell’obbligo.
Come gia’ evidenziato il problema della scuola Italiana e’ di
qualita’ e non di quantita’. Un altro aspetto da considerare e’ che le
Scuole e le Universita’ Italiane sfornano Diplomati e Laureati ben piu’
anziani di molti altri paesi, e questo senza dubbio crea un grande danno
tanto per il Paese, quanto per gli stessi giovani, che inizieranno ad
affacciarsi al mondo del lavoro in ritardo rispetto a colleghi europei,
con conseguenze sociali notevoli, nonche’ personali, visto che si
affronterenno i passi successivi (trovare lavoro, uscire di casa,
mettere su famiglia, fare figli) con un handicap temporale di 2-4 anni.
La proposta e’ sfornare diplomati e laureati 2-4 anni
prima di oggi, iniziando i cicli di studio a 5 anni (e non 6), per 12
anni (e non 13), massimizzando il tempo pieno.
Conclusioni operative:
Stante quanto sopra, una riforma globale dell’Istruzione si deve basare sui seguenti cardini operativi:
- Riduzione
quantitativa drastica del numero di insegnanti e personale scolastico,
nonche’ delle strutture, ma ricerca della qualita’ e dell’efficienza
- Introduzione
del Criterio del guadagno degli ex-alunni: I fondi destinati agli
istituti e gli stipendi degli insegnati dovranno per la maggior quota
essere funzione del guadagno medio che i loro ex-alunni sapranno
ricavare mettendo a frutto gli insegnamenti ricevuti
- Introduzione
del Criterio del rendimento scolastico: I fondi destinati agli istituti
e gli stipendi degli insegnati dovranno per una certa quota essere
funzione del risultato dei test, materia per materia
- Introduzione
e massimizzazione del concetto di graduatoria del rendimento scolastico
dei singoli alunni, vincolando pesantemente gli aspetti economici
(Tasse, Borse di Studio) al rendimento scolastico (e non solo al
reddito)
- Sfornare
diplomati e laureati 2-4 anni prima di oggi, iniziando i cicli di studio
a 5 anni (e non 6), per 12 anni (e non 13), massimizzando il tempo
pieno
1 Annie Murphy Paul; Tiger Moms: Is Tough Parenting Really the Answer?; Time, Thursday, Jan. 20, 2011
2 http://epp.eurostat.ec.europa.eu/tgm/printTable.do?tab=table&plugin=1&language=en&pcode=tps00001&printPreview=true
3 2010-09-15__ISTAT__Bilancio_Demografico_Mensile
4 2011-09-23__Eurostat__Popolazione__Predittore__
5 Istat__Compendio_Statistico_2009__Tav._2.1_
6 2011-09-23__Eurostat__Education__ Ratio of Students to teachers (ISCED 1-3)_
7 Questo dato ingloba peraltro anche i lettori madrelingua per l’insegnamento delle lingue estere.
8 Istat- Rilevazione sulle Scuole, anni 1945-2000 – Tav 7.05.
9 2011-09-18__MEF__Verso-un-annuario-statistico-della-Ragioneria-Generale-dello-Stato_2010_
10 ibidem. Tavola 5.3.1
11 2011-09-23__Eurostat__Education__ Ratio of Students to teachers (ISCED 1-3)_
12 Questo dato ingloba peraltro anche i lettori madrelingua per l’insegnamento delle lingue estere.
13 Istat__Compendio_Statistico_2009__Tav._5.1_ Dati 2007.
14 Oecd; Education at a glance 2011; 2011-09-13
15 2011-09-23__OECD__PISA__2011__982010071P1G002
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